Tribunale di Cosenza, seconda sezione civile, decreto n. 549/2019: “ Risarcisce il padre la madre che impedisce gli incontri col figlio”.
Lo ha deciso la magistratura di Cosenza pronunciandosi sul ricorso ex art. 709 ter c.p.c. depositato da un padre al quale era stato impedito di vedere il figlio. La madre sarà tenuta a risarcire il padre, ma anche il figlio, laddove lo abbia emarginato dalla relazione impedendogli di incontrare per diversi anni il bambino. Ciò in quanto il distacco e la mancanza di relazione ha determinato disagi e sofferenze per il e privato il bambino dell’apporto del genitore rispetto alla sua crescita, educazione e formazione.
Il caso.
A seguito della separazione, il minore era stato affidato ad entrambi i genitori, seppur con collocamento prevalente presso la madre, ed erano state disciplinate le frequentazioni con il padre. Poco dopo la madre aveva inopinatamente interrotto gli incontri asserendo circa un ipotetico disagio del figlio a suo dire possibile vittima di abusi sessuali e maltrattamenti. A seguito delle indagini della Procura delle Repubblica in tre procedimenti penali, le pesanti accuse non hanno trovato alcun riscontro oggettivo ed anche la perizia medico-legale sul minore e le intercettazioni ambientali audio-video all’interno dell’abitazione del padre non hanno riscontrato alcune elemento di rilievo a carico dell’uomo. Nemmeno la valutazione ispettiva del minore, eseguita in tre giorni diversi presso l’abitazione della madre, al rientro del bambino dagli incontri con il padre, ha evidenziato lesioni a carico dello stesso né lo specialista incaricato aveva rilevato indici di disturbo post-traumatico. Assume rilievo invece, il risultato dell’audizione giudiziale del minore eseguita dai magistrati laddove hanno accertato la scarsa attendibilità del narrato del minore sotto vari profili nonché, conseguentemente, l’ambiguità comportamentale della madre del bambino.
Alienazione parentale: il compito dei giudici.
Per i magistrati del Tribunale, il giudizio non rappresenta la sede in cui rileva stabilire la presenza di una vera e propria patologia o disfunzione, inquadrabile o meno come “sindrome da alienazione parentale”; occorre, piuttosto accertare se il distacco del piccolo dal padre affondi le sue radici in condizionamenti esercitati dal genitore collocatario, ovvero in altri fattori. “Qualora il genitore non affidatario o collocatario, per conseguire la modifica della modalità di affidamento del figlio minore, denunci l’allontanamento morale e materiale di quest’ultimo, attribuendolo a condotte dell’altro genitore, a suo dire espressive di una Pas (sindrome di alienazione parentale), il giudice di merito, prescindendo dalla validità o invalidità teorica di detta patologia, è tenuto ad accertare, in concreto, la sussistenza di tali condotte. Tale accertamento avverrà alla stregua dei mezzi di prova propri della materia, quali l’ascolto del minore o le presunzioni, ad esempio desumendo elementi anche dalla eventuale presenza di un legame simbiotico e patologico tra il figlio e il genitore collocatario.Il magistrato dovrà dunque motivare adeguatamente circa la richiesta di modifica, tenendo conto che, a tal fine, e a tutela del diritto del minore alla bigenitorialità e alla crescita equilibrata e serena, tra i requisiti di idoneità genitoriale rileva anche la capacità di preservare la continuità delle relazioni parentali del figlio con l’altro genitore, al di là di egoistiche considerazioni di rivalsa su quest’ultimo”. (cfr. Cass. 6919/2016).
Allontanamento del figlio dal padre ascrivibile alla madre.
Nel caso in esame, alla stregua della valutazione di tutti gli elementi probatori, esclusa l’ipotesi di condotte di abuso e/o maltrattamento ad opera del padre, il Collegio ha ritenuto che l’allontanamento del minore dal padre sia da attribuire alla condotta materna che ha deciso unilateralmente di interrompere qualsiasi rapporto tra i due, nonostante l’esito delle indagini penali, mantenendo ferma tale determinazione anche dopo la terza archiviazione. Il Tribunale rileva come, in tale periodo, il minore sia rimasto sotto l’influenza esclusiva della madre (e del relativo ambiente familiare) ed il rapporto con la stessa sia stato disfunzionale, come confermato dal CTU e dalla responsabile dell’U.O. di Riabilitazione età evolutiva del servizio NPI dell’ASP. L’illecito comportamento della donna ha precluso l’instaurazione di un rapporto “sano” tra padre e figlio, tanto da addivenire alla conclusione che le sue capacità genitoriali sono compromesse, non essendo rispettato il criterio dell’”accesso” all’altro genitore. Il provvedimento riporta nel dettaglio diversi elementi emblematici della inclinazione della donna alla denigrazione del coniuge che conducono a ritenere che il bambino sia vittima di un condizionamento esercitato, più o meno consapevolmente dalla madre. Stante la difficile situazione e le carenze di entrambi i genitori, incapaci di gestire il conflitto personale con modalità idonee a preservare l’equilibrio psichico del figlio, i giudici hanno ritenuto necessario disporre l’affidamento a terzi, ovvero ai Servizi Sociali, non avendo individuato altre figure affettivamente vicine al minore che godessero della fiducia di entrambi i genitori, in grado di assumere la responsabilità dell’affidamento e di svolgerne i compiti mantenendo una posizione equidistante rispetto ai due.
Emarginazione della figura paterna: madre tenuta al risarcimento.
Il compito dei servizi sociali sarà quello di programmare gli incontri del bambino con il padre e curarne la sottoposizione ad un percorso psicoterapeutico. Il bambino resterà poi collocato presso la madre, unico suo riferimento affettivo sicuro al momento, per evitarne il disorientamento ed il conseguente aggravamento del suo disturbo emotivo-affettivo. I magistrati hanno correttamente ritenuto di dover concedere un risarcimento al padre ricorrente ritenuto che la madre resistente abbia “gravemente pregiudicato la reazione affettiva padre-figlio, in tal modo ledendo tanto il diritto del minore alla bigenitorialità e alla crescita equilibrata e serena, quanto il diritto dell’uomo di svolgere il proprio ruolo genitoriale”. Tenuto conto della durata della emarginazione della figura paterna protrattasi per tre anni, dei certi disagi e sofferenze patiti dal padre del distacco fisico ed emotivo dal figlio, e del dolore del bambino, privato dall’apporto del genitore rispetto alla sua crescita, educazione e formazione, i giudici hanno reputano equo liquidare il pregiudizio in euro 5.000,00 comprendivi di interessi, per ciascuno dei soggetti danneggiati. La madre è stata ammonita ai sensi dell’art. 709 ter c.p.c. ad astenersi dal tenere condotte ostative allo svolgimento degli incontri padre-figlio.