Sentenza Cassazione Civile, sezione I 8 novembre 2021 n. 32406,
Che si è pronunciata secondo il principio di autoresponsabilità del figlio maggiorenne che non deve abusare del diritto di essere mantenuto dai genitori oltre ragionevoli limiti di tempo o di misura; ciò in considerazione del fatto che l’obbligo dei genitori trova il suo fondamento e limite nella realizzazione del progetto educativo della prole e nel consentire di portare a termine percorso di formazione. In tale ottica, la sussistenza dei requisiti per il mantenimento va ponderata con rigore crescente con il crescere dell’età del figlio. La pronuncia trae origine dal ricorso presentato avanti la SC dalla madre che lamentava l’inadeguata valutazione dei Magistrati che avevano precedentemente statuito circa l’incapacità del figlio maggiorenne di conseguire un reddito corrispondente alla professionalità acquisita, nonché l’erronea revoca dell’assegnazione in suo favore della casa familiare; ciò senza tenere adeguatamente conto delle condizioni economiche delle parti, evidenziando come il marito avesse reso una rappresentazione non veritiera di tali condizioni. La Corte ha dichiarato inammissibili entrambi i profili. Sul punto del mantenimento del figlio maggiorenne, evidenziando che, secondo il principio di autoresponsabilità, il figlio maggiorenne non deve abusare del diritto di essere mantenuto dal genitore oltre ragionevoli limiti di tempo o di misura, perché l’obbligo dei genitori si giustifica nei limiti del perseguimento di un progetto educativo e di un percorso di formazione e, nella valutazione degli indici di rilevanza, la sussistenza dei requisiti per il mantenimento va ponderata con rigore crescente con il crescere dell’età del figlio che non deve colpevolmente astenersi dal ricercare tale autosufficienza. Tale principio è oscillato nel tempo, se infatti, in un primo momento, la giurisprudenza si mostrava maggiormente proclive a riconoscere al figlio il diritto al mantenimento fino alla piena realizzazione professionale, coerentemente con il percorso di studi intrapreso, oggi – si veda anche Cass., 14 agosto 2020, n. 17183 ha invertito l’onere della prova, aprendo la strada alla presunzione di autonomia economica al 18mo anno – il dovere di autoresponsabilità del figlio maggiorenne assume una posizione centrale. Perché sia negato il diritto al mantenimento non è dunque necessaria una condizione di evidente rimproverabilità della situazione di non autonomia, in quanto il diritto al mantenimento è correlato direttamente alla funzione educativa. Esauritasi detta funzione, la permanenza del diritto deve essere valutata dal giudice di merito alla luce di criteri quali: la durata ufficiale degli studi, il tempo mediamente richiesto per inserirsi nel mondo del lavoro in considerazione della scelta professionale effettuata, le condizioni economiche della famiglia. Sarà dunque onere del figlio maggiorenne dimostrare di non essere economicamente autosufficiente non per propria negligenza ma per non essere riuscito a procurarsi il lavoro ambito per una causa a lui non imputabile, ovvero, di non aver potuto conseguire neanche un altro lavoro tale da consentirgli di mantenersi autonomamente. Conseguentemente, sul punto assegnazione della casa familiare, invece, precisa la Suprema Corte, che l’assegnazione detta non può assumere una funzione di perequazione delle condizioni patrimoniali dei coniugi, ma ha la finalità di soddisfare l’esigenza di speciale protezione dei figli minori o maggiorenni non economicamente autosufficienti.