Commento dell’Avv. Angela Natati alla Sentenza del Tribunale di Brescia n. 879 del 04.03.2025 sugli obblighi di sorveglianza dei genitori
Responsabilità ex art. 2047 c.c. per fatti illeciti commessi da minore incapace nel contesto dei social network: obblighi di sorveglianza e limiti dell’ignoranza tecnica
Con atto di citazione, la sig.ra C. ha convenuto in giudizio i genitori della minore G., addebitando a quest’ultima la realizzazione di gravi condotte lesive dell’onore e della reputazione dell’attrice. In particolare, G. era ritenuta responsabile della creazione di falsi profili social e della diffusione di immagini della C., artefatte in modo da assumere connotati pornografici, nonché di aver rivolto, anche tramite i profili genuini della vittima, insulti e commenti denigratori. Nel corso del procedimento penale scaturito dalla denuncia-querela della parte offesa, l’IP utilizzato risultava riconducibile all’ambiente domestico della minore, che veniva pertanto imputata per vari reati, tra cui diffamazione aggravata, minaccia, sostituzione di persona e detenzione di materiale pedopornografico. Tuttavia, il Tribunale per i Minorenni dichiarava di non dover procedere per difetto di imputabilità, in ragione dell’accertata incapacità di intendere e di volere della ragazza, affetta da ritardo cognitivo lieve e seguita da tempo in un percorso socio-psicologico.
Nel giudizio civile, l’attrice ha quindi agito per ottenere il risarcimento dei danni ai sensi degli artt. 2047 e 2048 c.c., deducendo la responsabilità dei genitori della minore sia sotto il profilo della sorveglianza, sia sotto quello dell’educazione.
Il Tribunale ha accolto la domanda, riconoscendo la responsabilità ex art. 2047 c.c. in capo ai genitori, in quanto sorveglianti di una figlia minore e incapace di intendere e di volere al momento della commissione dei fatti. Nella motivazione, il Giudice ha richiamato il principio – affermato da consolidata giurisprudenza – secondo cui le disposizioni degli artt. 2047 e 2048 c.c. sono alternative e non concorrenti, dipendendo la loro applicazione dal presupposto della capacità di intendere e volere del minore (Cass. civ., 25 marzo 1997, n. 2606). Accertata in sede penale la non imputabilità della ragazza, il Tribunale ha ritenuto applicabile l’art. 2047 c.c., che prevede una forma di responsabilità diretta a carico del soggetto tenuto alla vigilanza dell’incapace.
Il Tribunale ha sottolineato come i genitori non avessero adottato misure idonee a prevenire l’uso distorto dei social network da parte della figlia, nonostante la consapevolezza delle sue fragilità cognitive e comportamentali. L’aver affidato G. a un percorso educativo e psicologico, pur rilevante sul piano preventivo, non è stato ritenuto sufficiente a integrare una scriminante della responsabilità, non essendo state documentate forme di vigilanza effettiva e proporzionata al rischio concreto. In particolare, il Giudice ha evidenziato che l’inadeguatezza dei genitori sul piano informatico non può valere come esimente, bensì impone un livello di sorveglianza più alto, calibrato sulla pericolosità dell’ambiente digitale per soggetti vulnerabili.