Commento dell’Avv. Angela Natati all’Ordinanza della Corte di Cassazione n. 17095 del 25.06.25.
Con l’ordinanza n. 17095 del 25 giugno 2025, la Prima Sezione Civile della Corte di Cassazione si è pronunciata su una delicata questione relativa all’assegnazione della casa familiare, evidenziando il ruolo del comodato familiare nella tutela delle esigenze abitative dei figli minori e contribuendo a rafforzare l’orientamento giurisprudenziale secondo cui il diritto abitativo del minore, in quanto portatore di un interesse superiore, può prevalere sulle istanze proprietarie anche in presenza di rapporti giuridici come il comodato.
La vicenda nasce a seguito di una separazione durante la quale il Tribunale di Massa aveva stabilito che il padre dovesse contribuire al mantenimento della figlia, nonché al pagamento del canone d’affitto per una nuova abitazione in favore di madre e figlia. In caso di inadempimento, l’immobile familiare – inizialmente concesso in comodato – sarebbe stato riassegnato alla madre. Il mancato versamento da parte dell’ex marito ha poi effettivamente determinato lo sfratto della donna per morosità, riattivando l’interesse verso l’immobile già adibito a casa familiare.
In appello, la Corte territoriale ha riconosciuto la persistenza del comodato familiare, durato oltre tredici anni, rilevando che il trasferimento in altra abitazione non aveva comportato una risoluzione automatica del rapporto, in quanto subordinato al rispetto degli obblighi economici da parte del marito. Inoltre, è stato escluso che la comproprietaria dell’immobile, madre del marito, potesse invocarne la restituzione per un bisogno “urgente e imprevisto”, elemento essenziale per la risoluzione del comodato ai sensi dell’art. 1809 c.c.
La Corte di Cassazione ha respinto l’appello e l’intervento della madre del marito, chiarendo che il comodato familiare non può considerarsi risolto solo per la crisi coniugale o per un allontanamento temporaneo. La funzione dell’immobile come casa familiare permane sino a quando sussistono le esigenze del nucleo, in particolare quelle dei figli minori, e la sua destinazione può essere modificata solo in presenza di circostanze straordinarie debitamente provate.
Confermando la decisione della Corte d’Appello, la Cassazione ha ribadito la centralità dell’interesse del minore nella gestione dei beni familiari, condannando la ricorrente al pagamento delle spese processuali.